Cristina Turtura – Insegnante di canto lirico

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Come/perché hai deciso di dedicarti a questo mestiere?

Ho iniziato per caso, per soddisfare la curiosità di provare a farlo. Una mia amica mi aveva detto che sul giornale locale degli annunci c’era una persona che cercava un’insegnante di canto, e così mi sono fatta avanti io. Si trattava  di una ragazzina totalmente disinteressata alla musica, alla quale però erano state consigliate da parte del medico lezioni di canto per imparare a respirare bene.  Aveva qualche problema ai polmoni. E così cominciai a insegnare canto a chi di canto non ne voleva sapere.

Quali sono le piccole soddisfazioni che riesce a darti?

Mi aiuta a liberare le energie e le fantasie represse nelle persone, e così posso godere di quelle gioie inaspettate che i miei allievi provano.

Quali sono gli odori che caratterizzano il tuo mestiere? Quali i colori?

L’odore è quello della pece del violinista che poco prima di me ha occupato l’ aula; quello del  legno profumato della spinetta che mi sta accanto; l’odore della carta degli spartiti e dei libri che sfoglio.

I colori sono il nero laccato del pianoforte e quello dei segni sul pentagramma che contrastano coi colori variopinti degli abiti degli allievi.

Cosa non deve mancare nella tua “cassetta degli attrezzi”?

Oltre agli spartiti, non devono mancare mai la spontaneità e l’improvvisazione. Mai affrontare questo lavoro applicando a tutti qualcosa di preconfezionato. Insegnare a cantare è come sciogliere nodi, uno di seguito all’altro, ed è importante capirne l’ordine di importanza e affrontarli uno alla volta in maniera originale e personalizzata.

Quali sono le persone che ti permette di incontrare/conoscere? Ce n’è una che ricordi in particolare?

Nessuno può immaginare quanto sia variegato il popolo che ama cantare. Ce n’è di tutte le età, e  provengono da ogni settore lavorativo. Ipersensibili e attenti a prescindere dal genere e dal motivo che li spinge a rivolgersi a una scuola di canto. Certi allievi a volte si fanno ricordare, e ne ricordo una in particolare. Si tratta di una ragazza che ha studiato con me per un certo periodo e che poi ha lasciato il canto per mettere su famiglia. Era portatissima per il canto ma non ha esitato a fare la sua scelta. Ho sempre ritenuto che i suoi bambini fossero fortunati pensando alle belle ninnenanne che quella ragazza avrebbe loro cantato.

Un episodio in cui hai pensato “chi me lo ha fatto fare?”

È successo durante il primo saggio che ho organizzato per gli allievi. Durante le loro esibizioni, nonostante la mia calma apparente, ho capito di soffrire più di loro.

Il momento della giornata lavorativa che ti godi di più.

Mi piace l’inizio della lezione, quando capisci con chi hai a che fare. Quel momento in cui tutto comincia e ci si prodiga per cercare il bandolo di quella matassa da riavvolgere.

In due parole come definiresti il tuo mestiere.

Fare scoprire (quel qualcosa che è represso dentro), e aiutare ad esprimerlo.

Un consiglio a chi vuole fare questo mestiere.

Noi musicisti siamo narcisisti, spesso orgogliosi e a volte pericolosi. E nell’insegnamento del canto è facilissimo sbagliare. Consiglio di non avere timore di ammettere i propri errori, le proprie mancanze, e di accettare anche i momenti di esplorazione e di ricerca. Essere onesti con se stessi riguardo ciò che si sa e ciò che non si sa. Una persona che si affida a noi può pagare i nostri errori di orgoglio con la perdita della voce, con il calo del desiderio o della capacità di cantare per molti anni. Si tratta di una grossa responsabilità. Mai pensare di possedere gli allievi come fossero un oggetto di proprietà. Sono loro i veri maestri e noi insegnanti di canto non siamo altro che uno strumento nella loro cassetta degli attrezzi.

 

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Informazioni su Eleonora Buratti

Scrittrice, giornalista, sociologa aziendale. Romagnola d'origine, vive e lavora tra il Veneto e Bologna. Ideatrice del Romanzo d'azienda® scrive storie ambientate nel mondo del lavoro. Tra i suoi romanzi pubblicati l'Alba di un cuore antico, vita e ristrutturazione di una villa veneziana del Seicento situata lungo il Canalbianco in provincia di Rovigo e Quattro Tubi Saldati, racconto romanzato dei 50 anni dell'Irsap, azienda leader nel settore della climatizzazione.
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