Marco Piggioli – Artigiano edile

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Come/perché hai deciso di dedicarti a questo mestiere?

Ho iniziato a lavorare nell’edilizia nel lontano 1977 quando mia madre si accorse che invece di frequentare la Pallavicini, una scuola per formazione professionale, me ne andavo a bighellonare per Bologna. E così, un giorno, mentre si trovava al mercato settimanale del martedì a Savigno, chiacchierando con una sua amica, venne a  sapere che la ditta Paganelli&Guidotti cercava operai. Il lunedì successivo, svestiti i panni dello studente e indossati quelli del muratore, mi sono trovato in un cantiere, a Zocca, in provincia di Modena. Si trattava di un palazzo di diciotto appartamenti, tutto da intonacare a scagliola.

Quali sono le piccole soddisfazioni che riesce a darti?

Certamente i complimenti dei committenti per i lavori finiti con cura e abilità, ma anche l’aver imparato a leggere i disegni tecnici degli architetti e dei geometri. A volte seppure con difficoltà ho “allargato” il mestiere del muratore aggiungendo anche la posa di cartongesso che, verso la fine degli anni ’90 mi impegnò parecchio, ma ho sempre preferito le ristrutturazioni delle vecchie case.

Quali sono gli odori che caratterizzano il tuo mestiere? Quali i colori?

Mi piace l’odore della polvere di vecchi intonaci e della calce che sa di naturale, come quello della terra. Mi piace quello del legname che conserva l’odore di un tempo; quello di una saponetta chiusa nel cassetto del comò che la scarti al momento del bisogno.

Il color ocra della calce che si mescola con il grigio dei sassi e accanto al bianco del gesso che nasconde in sé luccicanti pezzettini di quarzo, come chicchi di grano, diamanti grezzi che legano insieme mattoni rossi intrecciati tra loro. Ci sono muri che celano “ricche” incognite come quella che chiamavano la pignatta,  piccolo recipiente in terracotta pieno di marenghi d’oro. La leggenda  vuole che a volte, i signori di un tempo, non avendo casseforti, collocassero la pignatta con il loro piccolo tesoro in una nicchia del muro e lì la murassero. Ecco perché quando si ristruttura una vecchia casa, al suono sordo del muro si pensa sempre  a un nascondiglio segreto quando il più delle volte si tratta di una vecchia canna fumaria dimenticata. I vecchi però mi raccontarono di un ritrovamento di una pignatta in una casa vicino a Tolè, durante una demolizione. Dentro vi trovarono ventitré marenghi d’oro. Al cambio attuale non sarebbe neppure una cifra strabiliante, al massimo quattromila euro, però sono soddisfazioni. Da sognatore avrei voluto esserci stato, portato dall’arcobaleno degli elfi, ma questa è un’altra storia.

Cosa non deve mai mancare nella tua “cassetta degli attrezzi”?

Sta pur certo che ciò che ti serve non c’è mai! Mi hanno sempre raccontato che coloro che iniziavano questo lavoro dalle nostre parti, sulle colline dell’appennino bolognese, erano per di più contadini che cercavano di portare avanti la famiglia e quindi facevano un po’ di tutto, e se mancava un cacciavite poteva bastare la punta di un paio di forbici. Un tubo perdeva? Si poteva fare una giunta con una canna di bambù e filo di ferro. Da qui il detto “Se l’è cavata? Par forza, l’è un cuntadein!”

Quali sono le persone che ti permette di incontrare e conoscere? Ce n’è una che ricordi in particolare?

In questi anni ho conosciuto persone di ogni tipo. Ho lavorato per conti, marchesi, stimati avvocati, consoli, personaggi pubblici, politici, ma non mi sono mai trovato a mio agio così come mi trovo con la gente comune quando c’è perfetta armonia. Ricordo un episodio che accadde quando ero molto giovane, in un cantiere a Modena, a casa di un personaggio politico. Stavo realizzando dei controsoffitti in cartongesso quando il muratore che avevano ingaggiato cominciò dapprima a farmi delle avance, poi a mettermi le mani addosso. Io scappai e ne parlai col proprietario. Fu un vero casino! Si trattava di una famiglia bigotta e da quel giorno, moglie, marito e nonno, a turno, mi rimasero accanto per permettermi di finire la settimana, alla fine della quale, quel “signore” venne allontanato.

Un episodio in cui hai pensato “che me lo ha fatto fare?”

Il lavoro del muratore è un lavoro sporco, faticoso, a volte sei nella merda come quando sei alle prese con gli scarichi fognari delle case, per non parlare di quei palazzi dove ti raccomandi di non tirare l’acqua in una certa fascia oraria e la tua raccomandazione viene ignorata. Ho avuto anche il privilegio di sistemare l’impianto fognario nel palazzo di Lucio Dalla e ciò mi lusinga.

Il momento della giornata lavorativa che ti godi di più.

Il momento che ti gusti di più nel bel mezzo della giornata è il pranzo, dopo avere tolto la gamella a bagnomaria con il tuo pasto. Sì, io mangio ancora quello che porto da casa: la pasta della sera prima, un po’ di secondo, una mela, del  formaggio, ciò che la credenza offre. A volte, in barba all’ingegnere responsabile della sicurezza, apro anche una bella boccia di vino, e sono pronto a farla sparire subito dopo.

In due parole come definiresti il tuo mestiere.

Bello e importante.

Bello perché ti offre la possibilità di costruire qualcosa con le tue mani, di toccare dal vivo ciò che realizzi; importante perché senza muratori chi metterebbe un tetto sulla testa di ogni uno di noi? Chi riparerebbe il vecchio prendendosi cura della storia? Proviamo a pensare a quelli che hanno costruito Bologna, senza argani, senza ponteggi metallici ne’ betoniere per mescolare il cemento. Oggi per ogni intervento c’è un prodotto specifico, i muri vanno su quasi da soli.

Un consiglio a chi vuole fare questo mestiere.

Serve qualcosa che non c’è in commercio, si chiama passione. Non fatelo per sbarcare il lunario, non vi entrerà mai dentro, non capirete mai cosa state facendo. Serve passione perché solo così si può imparare a lavorare. Non esistono scuole o corsi di formazione e tutto quel che serve si impara sul campo.

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Informazioni su Eleonora Buratti

Scrittrice, giornalista, sociologa aziendale. Romagnola d'origine, vive e lavora tra il Veneto e Bologna. Ideatrice del Romanzo d'azienda® scrive storie ambientate nel mondo del lavoro. Tra i suoi romanzi pubblicati l'Alba di un cuore antico, vita e ristrutturazione di una villa veneziana del Seicento situata lungo il Canalbianco in provincia di Rovigo e Quattro Tubi Saldati, racconto romanzato dei 50 anni dell'Irsap, azienda leader nel settore della climatizzazione.
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